Tre domande su clima e viticoltura a Luca Mercalli, Presidente Società Meteorologica Italiana e giornalista scientifico. (Documento integrale)

T r e d o m a n d e s u c l i m a e v i t i c o l t u r a a L u c a M e r c a l l i , P r e s i d e n t e S o c i e t à M e t e o r o l o g i c a I t a l i a n a e g i o r n a l i s t a s c i e n t i f i c o . ( D o c u m e n t o i n t e g r a l e )

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1) La gestione del “climate change” in vigna: qual è l’impatto in Sicilia? Il clima della Sicilia, se consideriamo le condizioni medie di tutti i suoi 25.000 km2, secondo la tradizionale classificazione di Köppen, è definibile come “mesotermico umido sub-tropicale, con estate asciutta (tipo Csa)”, ovvero il classico clima mediterraneo, con temperatura media del mese più caldo superiore a 22°C e con precipitazioni concentrate nel semestre autunno-invernale e marcata siccità estiva. Ovviamente il territorio in prevalenza montuoso e collinare, con poche pianure, genera molta variabilità locale, in relazione all’altitudine, all’esposizione dei versanti e alla distanza dal mare.
1) La gestione del “climate change” in vigna: qual è l’impatto in Sicilia? Il clima della Sicilia, se consideriamo le condizioni medie di tutti i suoi 25.000 km2, secondo la tradizionale classificazione di Köppen, è definibile come “mesotermico umido sub-tropicale, con estate asciutta (tipo Csa)”, ovvero il classico clima mediterraneo, con temperatura media del mese più caldo superiore a 22°C e con precipitazioni concentrate nel semestre autunno-invernale e marcata siccità estiva. Ovviamente il territorio in prevalenza montuoso e collinare, con poche pianure, genera molta variabilità locale, in relazione all’altitudine, all’esposizione dei versanti e alla distanza dal mare.

La temperatura media annua varia dagli 11°C di Floresta,  a quota 1250 m, fino ai 20°C di Gela (45 m), mentre le precipitazioni totali annue  che in media sull’intera regione ammontano a circa 630 mm all’anno, sono  comprese tra i 385 mm di Gela (CL) fino ai 1200 mm di Zafferana Etnea (CT).

Si tratta di condizioni in generale favorevoli alla viticoltura, che tuttavia negli ultimi decenni stanno cambiando sotto la pressione del riscaldamento globale. La lunga serie storica dell’Osservatorio Vaiana di Palermo, iniziata nel 1791, mostra nel periodo 1974-2022 un aumento della temperatura media di 2.5 °C, un po’ superiore al trend di 2.2 °C calcolato dal CNR-ISAC a livello nazionale. La vicinanza della Sicilia alla costa settentrionale africana rende più frequenti le incursioni del rovente anticiclone sahariano che l’11 agosto 2021 ha portato a registrare nella stazione del SIAS (Servizio Informativo Agrometeorologico Siciliano) di Floridia, presso Siracusa, la temperatura di 48,8 °C, attualmente il valore record di caldo per l’Italia e l’intera Europa.

2) Registriamo effetti negativi su territori tradizionalmente vocati? e/o  inaspettate opportunità per aree che in passato erano poco idonee a ospitare  vigneti? 

La vite ha una buona resilienza climatica, nel senso che si adatta a un intervallo  piuttosto ampio di condizioni termopluviometriche, ma va comunque in stress se le  temperature crescono oltremodo e se mancano precipitazioni per periodi  prolungati. L’areale della vite è compreso tra temperature medie del periodo  vegetativo di 12-22 °C con una risposta ottimale a temperature giornaliere da 20 a  35 °C. Al tempo stesso richiede un raffreddamento invernale almeno pari a 10 °C per terminare la dormienza delle gemme e attivare il ciclo vegetativo. Oltre i 35 °C  l’attività vegetativa è compromessa e in alcuni casi estremi la pianta può subire  danni permanenti, si possono verificare bruciature sui grappoli e sull’apparato  fogliare e conseguente aumento di attacchi fungini. 

I tratti principali della crisi climatica in atto sono riassunti nel Sesto rapporto di  sintesi dell’IPCC, uscito nel marzo 2023 (IPCC AR6 Synthesis report). Il  Mediterraneo è definito un “hotspot” climatico, ovvero un’area del pianeta che  subisce un aumento delle temperature più rapido rispetto alla media globale, con  conseguente impatto sui sistemi naturali e umani. In linea generale, sia che  l’accordo di Parigi venga rispettato, sia che non venga malauguratamente applicato,  la temperatura media annua sulla regione mediterranea è destinata ad aumentare  (da 2 a 5 °C entro il 2100, a seconda delle opzioni di decarbonizzazione) e con essa  le ondate di calore, le siccità, gli incendi forestali, le alluvioni, nonché  l’innalzamento del livello del mare (da 40 cm a 1 m a fine secolo), con danni alle  infrastrutture costiere. Gli inverni diventeranno più miti, con una riduzione nella  frequenza delle ondate di freddo, mentre le estati diventeranno sempre più lunghe e  calde, con valori estremi inediti. Il riscaldamento globale potrebbe dunque portare  la Sicilia nei prossimi decenni a condizioni via via più simili ai paesi nord africani,  dove la viticoltura, pur esistendo (in Marocco, Algeria, Tunisia), presenta produzioni  medie nazionali che sono circa l’uno per cento della produzione italiana, a riprova  dell’allontanamento di quei climi dalla fascia vocata del Mediterraneo centro settentrionale. Nel lavoro “Near future climate change projections with implications for  the agricultural sector of three major Mediterranean islands” di Konstantinos  Varotsos (Istituto di ricerche ambientali di Atene) e collaboratori (2020), sono  presentati scenari climatici 2031-2060 in Sicilia, Creta e Cipro: emergono netti  aumenti di temperatura ma modesti segnali sulle precipitazioni, senza variazioni  apprezzabili delle quantità totali ma con possibile incremento dei fenomeni estremi  come indica il lavoro “The impact of climate change on extreme precipitation in Sicily”  di Angelo Forestieri e collaboratori (Fondazione CIMA, Savona, 2018). Nell’ipotesi di  assenza di controllo delle emissioni (scenario peggiore, RCP 8.5) in Sicilia si  avrebbero +2.1 °C in estate e +1.6/1.7 °C nelle altre stagioni. Ciò equivarrebbe a  trasformare la temperatura media estiva di Catania, attualmente di 24,5 °C come  quella rispettiva di Tunisi (26,5 °C).  

Il fatto che le precipitazioni medie annue non sembrino subire variazioni  significative, fermo restando che già oggi si hanno in Sicilia alle quote medio-basse  dai quattro agli otto mesi di aridità dei suoli, non significa che lo stress idrico non  aumenti: infatti le temperature più elevate provocherebbero un incremento  dell’evapotraspirazione, che nel lavoro “Future trends of reference evapotranspiration  in Sicily based on CORDEX data and Machine Learning algorithms” (F. Di Nunno e F.  Granata, Università di Cassino, 2023) vengono quantificati verso la fine del secolo e  per lo scenario peggiore attorno a +15-17%. All’aumento medio della temperatura  farà seguito anche un incremento delle temperature massime estreme, che potrebbero oltrepassare frequentemente i 45 °C con picchi attorno a 50 °C  decisamente sfavorevoli alla vite. Cambieranno anche le somme termiche e le  escursioni termiche giorno-notte, con influenza sulla formazione di aromi e  pigmenti e sul tasso zuccherino e di acidità degli acini. Con questi scenari è chiaro  che gli areali vocati della vite potrebbero cambiare: da versanti molto esposti al  soleggiamento si passerebbe a versanti più ombrosi e a quote più elevate, onde  compensare l’aumento termico e sfruttare maggiormente l’umidità dei suoli.  Secondo lo studio “Future Climate Change Impacts on European Viticulture: A Review  on Recent Scientific Advances“ a firma di Fotoula Droulia e Ioannis  Charalampopoulos dell’Università agricola di Atene (2021), gli impatti del  cambiamento climatico sulla viticoltura causeranno anticipi del calendario  fenologico della vite, alterazioni della composizione chimica dell’uva e del vino,  maggior variabilità dei raccolti, espansione colturale in diversi areali geografici  prima inadatti e significativi spostamenti degli areali tradizionali. Lo studio  conclude che “se si realizzeranno gli scenari più pessimistici, le regioni del Nord  Europa potranno diventare adatte alla coltivazione della vite mentre le regioni  meridionali europee saranno troppo calde per consentire la produzione di uva da  vino”. 

3) Ci sono interventi a breve termine per parare il colpo davanti alle anomalie  meteorologiche e ci sono strumenti da impiegare nel medio-lungo periodo? 

Sul breve periodo, soprattutto su suoli che non dispongono di sufficiente riserva  idrica delle precipitazioni invernali è opportuno pianificare infrastrutture irrigue ad  elevata efficienza (invasi, impianti a goccia, monitoraggio locale e satellitare delle  esigenze idriche), affrontando anche il tema di un’evoluzione dei disciplinari di  produzione laddove l’irrigazione non sia oggi consentita.  

L’approccio della selezione genetica è cruciale per recuperare resilienza con la  ricerca di cultivar più resistenti alla siccità e ai calori estivi, tenendo conto che ciò  richiederà cambiamenti nelle denominazioni tradizionali dei vini. Nelle zone  montuose e collinari la scelta di altitudini maggiori ed esposizioni meno assolate  può consentire di mantenere le prerogative delle aree geografiche tradizionalmente  associate al vigneto. 

La rapidità dei cambiamenti climatici in atto tenderà a mettere sotto pressione i  territori con le loro filiere agrotecnologiche consolidate da tempo e richiederà  flessibilità e lungimiranza nell’affrontare nuove condizioni. La viticoltura, basata su  impianti di durata pluridecennale, non potrà reagire con tempestività come il  settore delle colture erbacee annuali e necessita quindi di un maggiore sforzo di  pianificazione associato anche a un maggiore rischio. Prepararsi per tempo e  seguire l’evoluzione molto dinamica del clima è dunque fondamentale per non  essere colti di sorpresa.